Quando parliamo di crediti immobiliari non performanti (Non Performing Loans, NPL’s), dobbiamo capire da subito che buona parte del problema riguarda le famiglie, migliaia di situazioni problematiche che ad oggi non sono affrontate dovutamente.
Partiamo dal presupposto che, nella maggioranza dei casi, il debitore problematico è lo stesso che fino a pochi anni fa era un cliente ”spinto” a indebitarsi per 30 anni per soddisfare quel sogno, sempre alimentato dal sistema, di acquistare la casa “per la vita”.
Ora che l’ammortamento è diventato un “incubo”, spesso a causa della perdita di reddito o di mutate condizioni familiari (separazioni, problemi di salute, etc), il cliente finanziato è finito nell’elenco dei cattivi pagatori e soggetto finanziariamente indesiderato.
Tali problematiche vengono gestite amministrativamente, ovvero l’ufficio legale della banca compie le ordinarie attività di escussione del credito (messa in mora, atto di precetto, pignoramento, vendita all’asta dell’immobile), il tutto con un’atteggiamento formale (lettere e raccomandate) e quasi mai proattivo. Quando poi la gestione delle posizioni viene trasferita a società di recupero crediti, frequentemente il contatto telefonico (quando avviene), è minaccioso e non produttivo.
La mia personale esperienza determina la convinzione che, nella maggioranza dei casi, il debitore è tutt’altro che un furbetto che non vuole pagare; al contrario è una persona che necessita di soluzioni. Nessuno vuole perdere la casa dove vive, l’esigenza abitativa non viene meno.
Attivare un ingaggio “sociale” può essere uno strumento vincente.
Certo, servono risorse umane e competenze comunicative, empatiche, immobiliari e creditizie che non è facile trovare racchiuse in un’unica figura professionale. Le banche non possono rispondere adeguatamente a questo bisogno e tanto meno chi fa recupero crediti, abituato a trattare la questione con fogli excel e tabulati telefonici, in modo industriale.
L’approccio sociale fa si che l’obiettivo principale sia quello di prendere un caffè (medium strepitoso!) nel salotto di casa del debitore. È proprio lì, nella zona di comfort del cliente, che molto spesso nascono le soluzioni. Rifinanziamento della posizione con garanzie di terzi (parenti, amici), proposte di saldo a stralcio, piani di rientro, vendita volontaria del bene ante asta, etc.
Tali attività richiedono un presidio certosino e continuativo sul quale, il creditore, deve investire economicamente, imputando eventualmente la maggior parte del compenso ad una success fee a soluzione conclamata.
Ad oggi la resistenza è ancora importante, c’è chi mantiene una posizione negazionista sull’entità delle sofferenze, c’è chi preferisce rimandare a “tempi migliori” ogni soluzione, i più arditi provano ad immettere sul mercato centinaia di posizioni immobiliari prossime o già in asta, senza una visione progettuale.
I risultati restano nulli o scarsi.
Il settore ha delle potenzialità notevoli, ma senza un approccio ”sociale” concreto, senza entrare nell’ottica che questa guerra si combatte “casa per casa”, rimarremo in un limbo dai molti nomi (crisi, bolla, etc..) senza vie di uscita.
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